#: locale=it ## Tour ### Descrizione ### Titolo tour.name = SentieriSantoStefano ## Skin ### Pulsante Button_03D37B27_0C7A_63B3_41A1_89572D8C8762.label = INFORMAZIONI Button_03D37B27_0C7A_63B3_41A1_89572D8C8762_mobile.label = INFO Button_0DECFFED_12FA_D26D_419B_F907711405D7.label = CLICCA QUI Button_0DECFFED_12FA_D26D_419B_F907711405D7_mobile.label = CLICCA QUI Button_18126A3F_1663_8BEF_41A4_B0EDA1A5F4E3.label = BOOK NOW Button_18126A3F_1663_8BEF_41A4_B0EDA1A5F4E3_mobile.label = BOOK NOW Button_1CA392FC_0C0A_2295_41A3_18DEA65FB6AD.label = DOVE SIAMO Button_1CA392FC_0C0A_2295_41A3_18DEA65FB6AD_mobile.label = DOVE SIAMO Button_1EBF3282_0C0A_1D6D_4190_52FC7F8C00A5.label = PHOTOALBUM Button_1EBF3282_0C0A_1D6D_4190_52FC7F8C00A5_mobile.label = PHOTO Button_1FDDCF4A_0C0A_23FD_417A_1C14E098FDFD.label = PANORAMI Button_1FDDCF4A_0C0A_23FD_417A_1C14E098FDFD_mobile.label = MAPPA Button_1FE4B611_0C0A_256F_418E_EA27E66F8360.label = IL PERCORSO Button_1FE4B611_0C0A_256F_418E_EA27E66F8360_mobile.label = PERCORSO Button_33E0F47E_11C1_A20D_419F_BB809AD89259.label = CONTATTI Button_33E0F47E_11C1_A20D_419F_BB809AD89259_mobile.label = CONTATTI Button_B6299221_A217_9058_41CA_ED70CA33AD71.label = Dove siamo Button_B6299221_A217_9058_41CA_ED70CA33AD71_mobile.label = Dove siamo Button_B629C222_A217_9058_41C5_14D2C2A701D5.label = Contatti Button_B629C222_A217_9058_41C5_14D2C2A701D5_mobile.label = Contatti Button_B629F221_A217_9058_41E0_FDC65BE3278A.label = Il percorso Button_B629F221_A217_9058_41E0_FDC65BE3278A.pressedLabel = Location Button_B629F221_A217_9058_41E0_FDC65BE3278A_mobile.label = Il percorso Button_B629F221_A217_9058_41E0_FDC65BE3278A_mobile.pressedLabel = Location Button_B62F4217_A217_9078_41CA_8ED441BA435C.label = Informazioni Button_B62F4217_A217_9078_41CA_8ED441BA435C_mobile.label = Informazioni Button_B6360222_A217_9058_41DA_BCAAC5F098DF.label = Contact Information Button_B6360222_A217_9058_41DA_BCAAC5F098DF_mobile.label = Contact Information Button_B6362222_A217_9058_41E0_AE598A1F40AE.label = Photoalbum Button_B6362222_A217_9058_41E0_AE598A1F40AE_mobile.label = Photoalbum ### Testo Multilinea HTMLText_04FFCC2C_1216_7593_41A3_D345BDE131A2.html =
LA SCHEDA
La Fonte
di Santo Stefano
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La località, in cui si trova la fonte che le da il nome, è 526 metri sul livello del mare. È posta a 5 km in linea d’aria, a Nord-Est della città di Terracina. Oggi è raggiungibile in auto, o in pullman di piccole dimensioni, con una comoda strada asfaltata che si imbocca in fondo a “La Valle”.


L’acqua, ricca di calcio, è freschissima in ogni stagione ed invita greggi e turisti ad una sosta ristoratrice. L’acqua scaturisce da cunicoli scavati nella roccia dal paziente lavoro di generazioni di pastori. In questo modo è stato catturato lo stillicidio e la condensa sotterranea per arricchire la portata della vena primitiva che sgorgava in superficie.
Una numerosa comunità agro-silvo-pastorale, proveniente soprattutto da Vallecorsa, cominciò a stabilirsi, ad iniziare dal 1800 nel vasto pianoro. Nel dopoguerra le famiglie qui residenti, poco a poco, attratti dalla città, scesero a valle e restituirono alla natura gran parte dei terreni occupati. Ancora oggi, specialmente in inverno, è possibile incontrare mandrie, greggi transumanti e cavalli allo stato brado di qualche allevatore abruzzese.


Proseguendo per circa un km in direzione Est, dopo la fonte, si giunge al crinale che si affaccia sul lago di Fondi. Da qui si arriva a scorgere, al di la della duna costiera, anche il mare. La strada asfaltata continua per poco, dopo la curva a sinistra, fino a raggiungere l’antenna del ripetitore. Conviene, fermarsi prima ed arrivare a scoprire il panorama che si apre sull’antico Regno di Napoli.
Proprio sul crinale, sulla destra del sentiero, si incontra uno dei cippi confinari, datato 1846: al di sopra della data erano scolpite le chiavi incrociate, simbolo dello Stato Pontificio. Questa è la prima di una serie di colonnine poste in montagna in punti strategici a segnare la frontiera tra il regno borbonico e lo stato del Papa, di cui Terracina fece parte fino all’unità d’Italia.


Parallelamente al fontanile una vasta depressione allungata è il risultato della fusione di due grosse doline (uvala). Il pianoro che si stende al di là, sul lato Sud della depressione, immette in una comoda mulattiera verso Terracina
Questa mulattiera arrivava fino a Terracina, ora si segue agevolmente fino a località “Mammolini”. Era questo l’antico itinerario percorso da carbonai e legnaioli che rifornivano la città. Ancora oggi si riconoscono gli spiazzi adibiti ad antiche carbonaie.
È possibile raggiungere la Fonte di Santo Stefano utilizzando gli antichi sentieri.
Quello più comodo si imbocca dopo aver raggiunto “La Ciana”, da cui, prima di raggiungere il crinale, si gode di un ampio panorama.
Per raggiungere questa località si segue la strada che sulla destra costeggia il muro del cimitero, prima dell’ultimo tratto in salita.
Il sentiero (marcato da un dischetto bianco ed arancione) si imbocca dopo aver raggiunto il tratto pianeggiante al di là del crinale. Il sentiero aggira sul versante orientale il Monte Giusto. Prima di addentrarsi nel bosco puntando a Nord, esso si apre alla vista sulla Piana di Fondi.
Un altro sentiero, marcato allo stesso modo, è concepito per un percorso circolare: si diparte dalla fine del pianoro descritto dalla foto n. 7, raggiunge le località di “Mammolini”, “Tignano” e quindi, “La Ciana”. Da qui si potrebbe anche proseguire a piedi in direzione di Terracina costeggiando il canalone che si trova tra Monte Sterpano e Monte Croce.
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LA SCHEDA
La Fonte
di Santo Stefano



La località, in cui si trova la fonte che le da il nome, è 526 metri sul livello del mare. È posta a 5 km in linea d’aria, a Nord-Est della città di Terracina. Oggi è raggiungibile in auto, o in pullman di piccole dimensioni, con una comoda strada asfaltata che si imbocca in fondo a “La Valle”.


L’acqua, ricca di calcio, è freschissima in ogni stagione ed invita greggi e turisti ad una sosta ristoratrice. L’acqua scaturisce da cunicoli scavati nella roccia dal paziente lavoro di generazioni di pastori. In questo modo è stato catturato lo stillicidio e la condensa sotterranea per arricchire la portata della vena primitiva che sgorgava in superficie.
Una numerosa comunità agro-silvo-pastorale, proveniente soprattutto da Vallecorsa, cominciò a stabilirsi, ad iniziare dal 1800 nel vasto pianoro. Nel dopoguerra le famiglie qui residenti, poco a poco, attratti dalla città, scesero a valle e restituirono alla natura gran parte dei terreni occupati. Ancora oggi, specialmente in inverno, è possibile incontrare mandrie, greggi transumanti e cavalli allo stato brado di qualche allevatore abruzzese.


Proseguendo per circa un km in direzione Est, dopo la fonte, si giunge al crinale che si affaccia sul lago di Fondi. Da qui si arriva a scorgere, al di la della duna costiera, anche il mare. La strada asfaltata continua per poco, dopo la curva a sinistra, fino a raggiungere l’antenna del ripetitore. Conviene, fermarsi prima ed arrivare a scoprire il panorama che si apre sull’antico Regno di Napoli.
Proprio sul crinale, sulla destra del sentiero, si incontra uno dei cippi confinari, datato 1846: al di sopra della data erano scolpite le chiavi incrociate, simbolo dello Stato Pontificio. Questa è la prima di una serie di colonnine poste in montagna in punti strategici a segnare la frontiera tra il regno borbonico e lo stato del Papa, di cui Terracina fece parte fino all’unità d’Italia.


Parallelamente al fontanile una vasta depressione allungata è il risultato della fusione di due grosse doline (uvala). Il pianoro che si stende al di là, sul lato Sud della depressione, immette in una comoda mulattiera verso Terracina
Questa mulattiera arrivava fino a Terracina, ora si segue agevolmente fino a località “Mammolini”. Era questo l’antico itinerario percorso da carbonai e legnaioli che rifornivano la città. Ancora oggi si riconoscono gli spiazzi adibiti ad antiche carbonaie.
È possibile raggiungere la Fonte di Santo Stefano utilizzando gli antichi sentieri.
Quello più comodo si imbocca dopo aver raggiunto “La Ciana”, da cui, prima di raggiungere il crinale, si gode di un ampio panorama.
Per raggiungere questa località si segue la strada che sulla destra costeggia il muro del cimitero, prima dell’ultimo tratto in salita.


Il sentiero (marcato da un dischetto bianco ed arancione) si imbocca dopo aver raggiunto il tratto pianeggiante al di là del crinale. Il sentiero aggira sul versante orientale il Monte Giusto. Prima di addentrarsi nel bosco puntando a Nord, esso si apre alla vista sulla Piana di Fondi.
Un altro sentiero, marcato allo stesso modo, è concepito per un percorso circolare: si diparte dalla fine del pianoro descritto dalla foto n. 7, raggiunge le località di “Mammolini”, “Tignano” e quindi, “La Ciana”. Da qui si potrebbe anche proseguire a piedi in direzione di Terracina costeggiando il canalone che si trova tra Monte Sterpano e Monte Croce.
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CONTATTI:
E-mail: info@collinedisantostefano.it
Web: www.collinedisantostefano.it
Telefono: 099 23231231 - 334 6493595
Indirizzo: Strada vicinale dei Colli 5,
località Santo Stefano - 04019 Terracina (LT)


Le Colline di Santo Stefano è un’Associazione di promozione sociale iscritta all’albo della regione Lazio, nata nel 2018 con i seguenti scopi:


Approfondire problemi e criticità di interesse comune a tutta la collettività delle colline di Terracina;


Favorire tutte le iniziative di incontro e scambio di informazione sulla vita dei territori, sulle iniziative da intraprendere e sulle attività realizzate;


Elaborare possibili soluzioni da sottoporre agli Enti Pubblici competenti, in primo luogo all’Amministrazione Comunale;
promuovere il collegamento con associazioni e/o comitati per il perseguimento di interessi comuni;


Promuovere la crescita del territorio collinare di Terracina in uno sviluppo armonico, sociale, culturale e morale;
Promuovere la tutela e la valorizzazione del territorio collinare in tutti i suoi aspetti (ecologico, paesaggistico, archeologico, artistico, architettonico, storico, sociale) e in tutte le sue potenzialità (economiche, turistiche, sportive, di fruizione del tempo libero), contro qualsiasi forma di degrado;


Promuovere la fruizione appropriata dei parchi, delle riserve naturali, dei siti di importanza Comunitaria, delle zone di protezione speciale, dei corridoi ecologici nella direzione del turismo sostenibile;


Promuovere il territorio delle collinare e contribuire allo sviluppo sostenibile dell’economia locale attraverso la conoscenza del patrimonio naturalistico e culturale, la diffusione di forme di turismo responsabile, la salvaguardia delle culture locali e la valorizzazione delle tradizioni popolari
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Chi siamo
CONTATTI:
E-mail: info@collinedisantostefano.it
Web: www.collinedisantostefano.it
Telefono: 099 23231231 - 334 6493595
Indirizzo: Strada vicinale dei Colli 5,
loc. Santo Stefano - 04019 Terracina (LT)


Le Colline di Santo Stefano è un’Associazione di promozione sociale iscritta all’albo della regione Lazio, nata nel 2018 con i seguenti scopi:


Approfondire problemi e criticità di interesse comune a tutta la collettività delle colline di Terracina;


Favorire tutte le iniziative di incontro e scambio di informazione sulla vita dei territori, sulle iniziative da intraprendere e sulle attività realizzate;


Elaborare possibili soluzioni da sottoporre agli Enti Pubblici competenti, in primo luogo all’Amministrazione Comunale;
promuovere il collegamento con associazioni e/o comitati per il perseguimento di interessi comuni;


Promuovere la crescita del territorio collinare di Terracina in uno sviluppo armonico, sociale, culturale e morale;
Promuovere la tutela e la valorizzazione del territorio collinare in tutti i suoi aspetti (ecologico, paesaggistico, archeologico, artistico, architettonico, storico, sociale) e in tutte le sue potenzialità (economiche, turistiche, sportive, di fruizione del tempo libero), contro qualsiasi forma di degrado;


Promuovere la fruizione appropriata dei parchi, delle riserve naturali, dei siti di importanza Comunitaria, delle zone di protezione speciale, dei corridoi ecologici nella direzione del turismo sostenibile;


Promuovere il territorio delle collinare e contribuire allo sviluppo sostenibile dell’economia locale attraverso la conoscenza del patrimonio naturalistico e culturale, la diffusione di forme di turismo responsabile, la salvaguardia delle culture locali e la valorizzazione delle tradizioni popolari
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DOVE
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SIAMO
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Il territorio è caratterizzato da una ricca rete di sentieri di varie difficoltà, adatti sia agli escursionisti più esperti, sia ai principianti.


I monti Ausoni che sovrastano Terracina si sono formati circa 55/27 milioni di anni fa per la pressione esercitata contro l'Europa dall'Africa; prima erano una scogliera corallina sommersa. Prova ne sono le conchiglie che sono incastonate nelle rocce dei nostri monti, come ben si può vedere all'altezza della penultima curva prima del tempio detto di Giove.


Fino a due milioni di anni fa (Terziario) tutto l'Agro pontino era un golfo marino, poi si generò, per l'apporto fluviale dai monti, una duna massiccia su cui si stanziò l'uomo; resti umani preistorici sono stati trovati del periodo dal Neanderthal al Neolitico. Circa 120000 anni fa iniziò un periodo glaciale che innalzò, quando i ghiacciai in seguito si sciolsero, il livello marino di 8 metri e la "nostra" palude fu invasa dalle acque, il Circeo divenne un'isola.


L'aspetto più spettacolare dal punto di vista paesaggistico fu il campo carsico della località denominata Campo Soriano.


La catena dei monti Ausoni continua ad offrire stupendi colpi d'occhio che spaziano dalle isole Pontine al Circeo. La cima maestra, il monte delle Fate (1090 mt), raggiungibile anche con un sentiero che parte da Sonnino, è costituita da calcari mesozoici e dalla cima si può godere un bellissimo panorama. I rilievi del gruppo sono ricchi di foreste direi impenetrabili che erano il regno dei briganti di Sonnino, di Terracina, di Monte San Biagio e a tratti troviamo anche una macchia bassa con arbusti di ginestra.


Nel versante settentrionale ed orientale c'è la boscaglia con alberi di leccio, acero campestre e le piante di stramma con cui alcuni pastori intrecciavano cesti e sedute per le sedie. Sopravvivono anche alcuni rapaci tra cui il gheppio, il falco pellegrino. Ci sono numerosi passeri; lo storno, il merlo, il pettirosso, l'occhiocotto, e non è raro ascoltare il verso della ghiandaia, osservare il volo della gazza, incontrare la civetta.


Tra i mammiferi (scomparsi lupi e caprioli dall'epoca dei briganti) incontriamo frequentemente volpi, ricci, donnole, cinghiali e istrici.


Si possono apprezzare profumatissime piante di rosmarino e timo e ben più di venti specie di orchidee selvatiche che quì trovano l'ambiente ideale per il loro sviluppo. Infatti la temperatura non è mai eccessivamente rigida d'inverno o troppo calda in estate, ottima luminosità e cielo per lunghi periodi sgombro da nubi completano il clima ideale.
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DOVE
SIAMO


Il territorio è caratterizzato da una ricca rete di sentieri di varie difficoltà, adatti sia agli escursionisti più esperti, sia ai principianti.


I monti Ausoni che sovrastano Terracina si sono formati circa 55/27 milioni di anni fa per la pressione esercitata contro l'Europa dall'Africa; prima erano una scogliera corallina sommersa. Prova ne sono le conchiglie che sono incastonate nelle rocce dei nostri monti, come ben si può vedere all'altezza della penultima curva prima del tempio detto di Giove.


Fino a due milioni di anni fa (Terziario) tutto l'Agro pontino era un golfo marino, poi si generò, per l'apporto fluviale dai monti, una duna massiccia su cui si stanziò l'uomo; resti umani preistorici sono stati trovati del periodo dal Neanderthal al Neolitico. Circa 120000 anni fa iniziò un periodo glaciale che innalzò, quando i ghiacciai in seguito si sciolsero, il livello marino di 8 metri e la "nostra" palude fu invasa dalle acque, il Circeo divenne un'isola.


L'aspetto più spettacolare dal punto di vista paesaggistico fu il campo carsico della località denominata Campo Soriano.


La catena dei monti Ausoni continua ad offrire stupendi colpi d'occhio che spaziano dalle isole Pontine al Circeo. La cima maestra, il monte delle Fate (1090 mt), raggiungibile anche con un sentiero che parte da Sonnino, è costituita da calcari mesozoici e dalla cima si può godere un bellissimo panorama. I rilievi del gruppo sono ricchi di foreste direi impenetrabili che erano il regno dei briganti di Sonnino, di Terracina, di Monte San Biagio e a tratti troviamo anche una macchia bassa con arbusti di ginestra.


Nel versante settentrionale ed orientale c'è la boscaglia con alberi di leccio, acero campestre e le piante di stramma con cui alcuni pastori intrecciavano cesti e sedute per le sedie. Sopravvivono anche alcuni rapaci tra cui il gheppio, il falco pellegrino. Ci sono numerosi passeri; lo storno, il merlo, il pettirosso, l'occhiocotto, e non è raro ascoltare il verso della ghiandaia, osservare il volo della gazza, incontrare la civetta.


Tra i mammiferi (scomparsi lupi e caprioli dall'epoca dei briganti) incontriamo frequentemente volpi, ricci, donnole, cinghiali e istrici.


Si possono apprezzare profumatissime piante di rosmarino e timo e ben più di venti specie di orchidee selvatiche che quì trovano l'ambiente ideale per il loro sviluppo. Infatti la temperatura non è mai eccessivamente rigida d'inverno o troppo calda in estate, ottima luminosità e cielo per lunghi periodi sgombro da nubi completano il clima ideale.
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Chi siamo
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LISTA DEI PANORAMI
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LISTA PANORAMA
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Questi enormi monoliti calcarei, GIGANTI appunto, sono un'altra faccia del Carsimo a Terracina. Con altezze che superano i sei metri, schierati quasi in maniera militare a guardia del tratturo che gli passa vicino, ci raccontano una storia millenaria.


Ci troviamo sul versante Nord di monte Giusto, a 519m slm , queste formazioni carsiche di tipo Epigeo (superficiale, fuoriterra) sono dette anche HUM, una sorta di faraglioni di pietra che si ergono dal terreno quasi a voler toccare il cielo, ognuno con la sua forma particolare ed unica.


Per loro natura solubili, sotto l'azione dell'acqua e del vento si sono plasmate cosi come le ammiriamo, il bosco poi le ha inglobate, ora sono un tutt'uno con il paesaggio circostante: piante e roccia sono in simbiosi, un leggero strato di muschio le ricopre, quasi a volerle proteggere dai segni del tempo.


Puo sembrare strano ma qui, a più di cinquecento metri di altezza, troviamo fossili di conchiglie... le RUDISTE, risalenti a 60 milioni di anni fa. Sono proprio questi ritrovamenti a datare la storia delle nostre montagne .
Le rudiste erano conchiglie composte da due valve asimmetriche: la valva destra, a forma di cono, poteva raggiungere una decina di centimetri, la sinistra, fungeva da coperchio.
La superficie esterna molto ruvida ha dato il nome al mollusco che ora si trova solo allo stato fossile. Nella brecce calcaree di cui sono entrate a far parte, si possono riconoscere o la sezione circolare quando la frattura è trasversale o quella conica in caso di frattura longitudinale; raramente si trovano isolate dalla roccia che le ingloba.
Ricostruire la successione delle fasi geologiche che hanno dato origine alla penisola italiana, in generale, ed al territorio sud laziale, in particolare, è molto complesso. Per comprendere facilmente questo lunghissimo ciclo, fissiamo degli step:


● Duecento milioni di anni fa la porzione dell’odierno Mediterraneo su cui insiste gran parte dell’Italia peninsulare era occupata da un ambiente neritico, cioè da un mare poco profondo e relativamente calmo in cui si accumulavano organismi marini e precipitati carbonatici.


● Il processo di sedimentazione durò circa 120 milioni di anni, ma interrotto, integrato, complicato da trasgressioni marine, da subsidenze ed emersioni del fondo, laddove si accumulava la materia prima che avrebbe costituito l’attuale "piattaforma carbonatica laziale-abruzzese". Essa costituisce la materia prima che ha dato vita ai monti Lepini, Ausoni, Aurunci, oltre ai Simbruini, Ernici ed ai massicci abruzzesi del Gran Sasso e della Maiella. Il notevole spessore della massa carbonatica (2000 – 3000 metri) è rivelatore del lungo periodo di accumulo. Terreni diversi, costituiti da marne, argille ed arenarie sono stati deposti da acque ruscellanti o da trasporto eolico.


● Un consistente processo di sollevamento iniziò nel Giurassico (150 – 140 milioni di anni fa), ebbe delle lunghe pause e riprese alla fine del Cretacico per continuare fino a tutto il Miocene (26 – 7 milioni di anni fa).
In questa sequenza cartografica le terre emerse sono quelle colorate in marrone. Si noti come il territorio montano dove ci troviamo, nell’ Eocene (50 milioni di anni fa) fosse già emerso.


Analizzando la Carta Geologica Italiana, al foglio 170, che riguarda proprio questo zona, si possono individuare due tipi di rocce presenti sul territorio: i calcari più antichi, del Cretacico Inferiore, riportati in carta con il colore verde scuro, i calcari più recenti del Cretacico Superiore, riportati in carta con il colore verde più chiaro.
Tracciando un profilo da Monte Sant’Angelo fino a Fonte Santo Stefano, si possono individuare le rocce più recenti (ove le rudiste sono presenti) quelli di colore verde più chiaro in cartina.


Imsomma, dove ci troviamo ora, parte della sedimentazione delle rocce calcaree del sottosuolo quanto della superficie...è formato da conchiglie: Immaginate quante ce ne son volute per formare i monoliti Giganti che avete davanti!!!
Nella vista dall'alto della carta, le differenti cromie ci raccontano cosa è accaduto:
i terreni della Valle, zone Pedemontane e della Fonte di Santo Stefano (in cartina riportati con mattoncini di colore marrone scuro) sono il prodotto di ossidazione e scioglimento dei calcari ad opera dell’aria e delle acque. Il loro aspetto rossiccio ed argilloso può confondersi a contatto dei terreni alluvionali di colore nerastro.
Profilo dell’ex Palude Pontina, da Colle della Guardia, in prossimità del confine con il Comune di Sabaudia, attraverso Borgo Hermada, alla linea pedemontana in prossimità delle pendici di monte Leano. Si notino: 1) I calcari del Lias, riportati in cartina con il colore azzurro. 2) I terreni pleistocenici superficiali di colore ocra.


La duna recente o Versiliana. Da Anzio al Circeo, dal Circeo a Terracina e, da Terracina a Sperlonga si estende un cordone dunale di sabbia giallo-grigiastra: geologicamente è una formazione recentissima, risale “solo” a 10.000 anni fa. Questa è la sabbia che costituisce la spiaggia del Lazio meridionale (nella carta geologica d’Italia è riportata con il colore giallo chiaro).
Si evince come la montagna e la sua storia è legata a filo diretto con il mare e la pianura, e che il territorio tutto ha subito cambiamenti e traformazioni inimmaginabili dalla notte dei tempi. Gli elementi hanno dato vita a qualcosa di unico ed irripetibile, un ecosistema, un ambiente che va salvaguardato e presentato il più intatto possibile alle future generazioni.
Tra gli hum della zona, il più importante è quello di Campo Soriano, noto come La Cattedrale, un imponente masso alto circa 18 metri, dalla forma che ricorda una cattedrale gotica.


Per gli abitanti del posto la cattedrale è legata al monaco benedettino San Domenico da Sora, un santo molto venerato nel basso Lazio, per questa ragione la chiamano Rava di San Domenico. Questo monolito si staglia proprio al centro della valle, come un guardiano silenzioso, e grazie alla sua fama è diventato il simbolo del Parco.
Il Monumento Naturale di Campo Soriano è un poljie (in serbo), o campo carsico, posto a 361 metri sul livello del mare. La sua formazione ebbe inizio ben 27 milioni di anni fa, con la frattura che separò Monte Romano da Monte Cavallo Bianco. Le successive glaciazioni e i fenomeni atmosferici, modellarono la valle fino a darle l’aspetto attuale. Tutta la valle carsica di Campo Soriano è un luogo di interesse geologico, di valenza internazionale, ed è stata riconosciuta come Area Protetta con la Legge Regionale n.56 del 27 Aprile 1985
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LA SCHEDA
I Giganti
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LA SCHEDA
Muro a secco


Muro a secco (detto in maniera popolare "macere") e carbonaie
L'Unesco ha dichiarato l'arte di “costruire a secco” patrimonio immateriale dell'umanità.
Queste semplici costruzioni rurali presenti nelle aree collinari e montane, rappresentano un essenziale strumento per la difesa del suolo e per l'assetto idrogeologico, perché permettono mediante la realizzazione di terrazzamenti la regimentazione delle acque e lo svolgimento delle pratiche agricole che hanno permesso per secoli il sostentamento di intere comunità rurali e che ancora oggi rivestono un'importanza strategica per la sicurezza del territorio e per le pratiche agricole, in particolare per la coltivazione dell'ulivo. In passato erano utilizzati per creare le carbonaie.


Quella della carbonaia era una tecnica molto usata in passato in gran parte del territorio alpino, subalpino e appenninico, per trasformare la legna, preferibilmente di faggio, ma anche di abete, larice, frassino, castagno, cerro, pino e pino mugo, in carbone vegetale.
Tra i lavori della montagna che testimoniano una secolare esistenza di duro lavoro c'era quello dei carbonai. Per numerosi secoli fino ai primi del '900, i boschi italiani furono luogo di lavoro per molti di questi "artisti del fuoco". Il carbone prodotto veniva trasportato verso le città per gli usi più disparati
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LA SCHEDA
I Giganti



Questi enormi monoliti calcarei, GIGANTI appunto, sono un'altra faccia del Carsimo a Terracina. Con altezze che superano i sei metri, schierati quasi in maniera militare a guardia del tratturo che gli passa vicino, ci raccontano una storia millenaria.


Ci troviamo sul versante Nord di monte Giusto, a 519m slm , queste formazioni carsiche di tipo Epigeo (superficiale, fuoriterra) sono dette anche HUM, una sorta di faraglioni di pietra che si ergono dal terreno quasi a voler toccare il cielo, ognuno con la sua forma particolare ed unica.


Per loro natura solubili, sotto l'azione dell'acqua e del vento si sono plasmate cosi come le ammiriamo, il bosco poi le ha inglobate, ora sono un tutt'uno con il paesaggio circostante: piante e roccia sono in simbiosi, un leggero strato di muschio le ricopre, quasi a volerle proteggere dai segni del tempo.


Puo sembrare strano ma qui, a più di cinquecento metri di altezza, troviamo fossili di conchiglie... le RUDISTE, risalenti a 60 milioni di anni fa. Sono proprio questi ritrovamenti a datare la storia delle nostre montagne .
Le rudiste erano conchiglie composte da due valve asimmetriche: la valva destra, a forma di cono, poteva raggiungere una decina di centimetri, la sinistra, fungeva da coperchio.
La superficie esterna molto ruvida ha dato il nome al mollusco che ora si trova solo allo stato fossile. Nella brecce calcaree di cui sono entrate a far parte, si possono riconoscere o la sezione circolare quando la frattura è trasversale o quella conica in caso di frattura longitudinale; raramente si trovano isolate dalla roccia che le ingloba.
Ricostruire la successione delle fasi geologiche che hanno dato origine alla penisola italiana, in generale, ed al territorio sud laziale, in particolare, è molto complesso. Per comprendere facilmente questo lunghissimo ciclo, fissiamo degli step:


● Duecento milioni di anni fa la porzione dell’odierno Mediterraneo su cui insiste gran parte dell’Italia peninsulare era occupata da un ambiente neritico, cioè da un mare poco profondo e relativamente calmo in cui si accumulavano organismi marini e precipitati carbonatici.


● Il processo di sedimentazione durò circa 120 milioni di anni, ma interrotto, integrato, complicato da trasgressioni marine, da subsidenze ed emersioni del fondo, laddove si accumulava la materia prima che avrebbe costituito l’attuale "piattaforma carbonatica laziale-abruzzese". Essa costituisce la materia prima che ha dato vita ai monti Lepini, Ausoni, Aurunci, oltre ai Simbruini, Ernici ed ai massicci abruzzesi del Gran Sasso e della Maiella. Il notevole spessore della massa carbonatica (2000 – 3000 metri) è rivelatore del lungo periodo di accumulo. Terreni diversi, costituiti da marne, argille ed arenarie sono stati deposti da acque ruscellanti o da trasporto eolico.


● Un consistente processo di sollevamento iniziò nel Giurassico (150 – 140 milioni di anni fa), ebbe delle lunghe pause e riprese alla fine del Cretacico per continuare fino a tutto il Miocene (26 – 7 milioni di anni fa).
In questa sequenza cartografica le terre emerse sono quelle colorate in marrone. Si noti come il territorio montano dove ci troviamo, nell’ Eocene (50 milioni di anni fa) fosse già emerso.


Analizzando la Carta Geologica Italiana, al foglio 170, che riguarda proprio questo zona, si possono individuare due tipi di rocce presenti sul territorio: i calcari più antichi, del Cretacico Inferiore, riportati in carta con il colore verde scuro, i calcari più recenti del Cretacico Superiore, riportati in carta con il colore verde più chiaro.
Tracciando un profilo da Monte Sant’Angelo fino a Fonte Santo Stefano, si possono individuare le rocce più recenti (ove le rudiste sono presenti) quelli di colore verde più chiaro in cartina.


Imsomma, dove ci troviamo ora, parte della sedimentazione delle rocce calcaree del sottosuolo quanto della superficie...è formato da conchiglie: Immaginate quante ce ne son volute per formare i monoliti Giganti che avete davanti!!!
Nella vista dall'alto della carta, le differenti cromie ci raccontano cosa è accaduto:
i terreni della Valle, zone Pedemontane e della Fonte di Santo Stefano (in cartina riportati con mattoncini di colore marrone scuro) sono il prodotto di ossidazione e scioglimento dei calcari ad opera dell’aria e delle acque. Il loro aspetto rossiccio ed argilloso può confondersi a contatto dei terreni alluvionali di colore nerastro.
Profilo dell’ex Palude Pontina, da Colle della Guardia, in prossimità del confine con il Comune di Sabaudia, attraverso Borgo Hermada, alla linea pedemontana in prossimità delle pendici di monte Leano. Si notino: 1) I calcari del Lias, riportati in cartina con il colore azzurro. 2) I terreni pleistocenici superficiali di colore ocra.


La duna recente o Versiliana. Da Anzio al Circeo, dal Circeo a Terracina e, da Terracina a Sperlonga si estende un cordone dunale di sabbia giallo-grigiastra: geologicamente è una formazione recentissima, risale “solo” a 10.000 anni fa. Questa è la sabbia che costituisce la spiaggia del Lazio meridionale (nella carta geologica d’Italia è riportata con il colore giallo chiaro).
Si evince come la montagna e la sua storia è legata a filo diretto con il mare e la pianura, e che il territorio tutto ha subito cambiamenti e traformazioni inimmaginabili dalla notte dei tempi. Gli elementi hanno dato vita a qualcosa di unico ed irripetibile, un ecosistema, un ambiente che va salvaguardato e presentato il più intatto possibile alle future generazioni.
Tra gli hum della zona, il più importante è quello di Campo Soriano, noto come La Cattedrale, un imponente masso alto circa 18 metri, dalla forma che ricorda una cattedrale gotica.


Per gli abitanti del posto la cattedrale è legata al monaco benedettino San Domenico da Sora, un santo molto venerato nel basso Lazio, per questa ragione la chiamano Rava di San Domenico. Questo monolito si staglia proprio al centro della valle, come un guardiano silenzioso, e grazie alla sua fama è diventato il simbolo del Parco.
Il Monumento Naturale di Campo Soriano è un poljie (in serbo), o campo carsico, posto a 361 metri sul livello del mare. La sua formazione ebbe inizio ben 27 milioni di anni fa, con la frattura che separò Monte Romano da Monte Cavallo Bianco. Le successive glaciazioni e i fenomeni atmosferici, modellarono la valle fino a darle l’aspetto attuale. Tutta la valle carsica di Campo Soriano è un luogo di interesse geologico, di valenza internazionale, ed è stata riconosciuta come Area Protetta con la Legge Regionale n.56 del 27 Aprile 1985
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Con il termine CIPPO DI CONFINE si intende un segnale, inamovibile, posto in un determinato punto del territorio, atto a rimarcare insieme ad altri simili, una linea immaginaria da non oltrepassare, se non in possesso di specifici permessi.
Quello che abbiamo dinanzi è originale ed in ottimo stato di conservazione, scalpellato sul posto da un unico blocco calcareo, porta in bella vista su un lato la data di posa (1846) e lo stemma Pontificio (le chiavi incrociate), e sull'altro il numero sequenziale (9) sormontato dal Giglio Borbonico, simbolo del Regno delle due Sicilie. Al di sopra di ogni cippo vi è un solco di riferimento, che traguardandolo indica la direzione del precedente quanto del successivo.


Tutte le colonnine furono posizionate in modo che la data di posa con le Chiavi di San Pietro guardassero in direzione del territorio dello Stato Ecclesiastico, mentre il numero progressivo con il Giglio in direzione del Regno Borbonico. La distanza tra un Cippo e l'altro non è regolare, in quanto segue una logica legata alla conformazione del terreno, quindi nei luoghi dove il confine seguiva l'argine di un fiume, una linea di fondovalle, o crinale montano dall'ampia visuale, ne bastavano pochi; al contrario se la linea da seguire era irregolare ne venivano posizionati in numero maggiore secondo i calcoli del cartografo.


Al di sotto di ogni Cippo, vennero interrati dei testimoni di confine, in questo caso costituiti da una cassetta in legno con all'interno un medaglione di ghisa, coniato appositamente, riportante entrambi gli stemmi ed alcuni riferimenti riguardanti l'accordo tra i due Regni. Di questi oggetti ne rimangono solo alcuni presso musei o qualche collezionista, ormai sotto questi antichi testimoni di pietra c'è... solo la nuda terra.


La spinosa questione dei Confini Meridionali arrivò a soluzione, il 26 Settembre 1840, l'incontro si tenne a Roma e fu presieduto da Monsignor Pier Filippo Boatti rappresentate della Pontificia Congregazione dei Confini. Firmarono il Trattato, per conto della Santa Sede il Cardinale Tommaso Bernetti, ed il Conte Giuseppe Costantino Ludolf insieme al Marchese Francesco Saverio del Carretto in rappresentanza del Re Ferdinando II di Borbone. Lo scopo dell'accordo era tutelare l’integrità dello Stato Ecclesiastico, definendone chiaramente i confini onde evitare cessioni illegali, contrabbando, risolvendo controversie interne e con stati esteri limitrofi, cercando nel contempo di recuperare parte di territori precedentemente perduti in modo irregolare.


In tutto vennero realizzati 649 Cippi e posizionati in circa due anni. Nel comprensorio di Terracina, città di confine dello stato pontificio fino all'Unità d'Italia (1861), sono posizionati i primi Venti, originali e ben conservati.
Il “numero 1” si trova alla foce del canale Canneto, sul confine che ancora oggi separa Terracina (pontificia) dal comune di Fondi (borbonico). Attraversando tre regioni: il Lazio, l'Abruzzo e le Marche, la linea di confine arriva alla foce del fiume Tronto, dove troviamo il Cippo n.649.


Questa linea invisibile che attraversa lo stivale, dal Tirreno all’Adriatico, è uno scenario naturale fantastico che, nella seconda metà dell’800 vedeva eserciti contrapposti, raccontava storie di pastori, scorribande di briganti, cavalcate di uomini illustri e santi. Oggi è LA VIA DEI CIPPI, un cammino affascinante nelle tradizioni, nell'eno-gastronomia, nel folklore e nella natura incontaminata di alcuni dei territori più belli del centro Italia.



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LA SCHEDA
Cippo di confine
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LA SCHEDA
Cippo di confine



Con il termine CIPPO DI CONFINE si intende un segnale, inamovibile, posto in un determinato punto del territorio, atto a rimarcare insieme ad altri simili, una linea immaginaria da non oltrepassare, se non in possesso di specifici permessi.
Quello che abbiamo dinanzi è originale ed in ottimo stato di conservazione, scalpellato sul posto da un unico blocco calcareo, porta in bella vista su un lato la data di posa (1846) e lo stemma Pontificio (le chiavi incrociate), e sull'altro il numero sequenziale (9) sormontato dal Giglio Borbonico, simbolo del Regno delle due Sicilie. Al di sopra di ogni cippo vi è un solco di riferimento, che traguardandolo indica la direzione del precedente quanto del successivo.


Tutte le colonnine furono posizionate in modo che la data di posa con le Chiavi di San Pietro guardassero in direzione del territorio dello Stato Ecclesiastico, mentre il numero progressivo con il Giglio in direzione del Regno Borbonico. La distanza tra un Cippo e l'altro non è regolare, in quanto segue una logica legata alla conformazione del terreno, quindi nei luoghi dove il confine seguiva l'argine di un fiume, una linea di fondovalle, o crinale montano dall'ampia visuale, ne bastavano pochi; al contrario se la linea da seguire era irregolare ne venivano posizionati in numero maggiore secondo i calcoli del cartografo.


Al di sotto di ogni Cippo, vennero interrati dei testimoni di confine, in questo caso costituiti da una cassetta in legno con all'interno un medaglione di ghisa, coniato appositamente, riportante entrambi gli stemmi ed alcuni riferimenti riguardanti l'accordo tra i due Regni. Di questi oggetti ne rimangono solo alcuni presso musei o qualche collezionista, ormai sotto questi antichi testimoni di pietra c'è... solo la nuda terra.


La spinosa questione dei Confini Meridionali arrivò a soluzione, il 26 Settembre 1840, l'incontro si tenne a Roma e fu presieduto da Monsignor Pier Filippo Boatti rappresentate della Pontificia Congregazione dei Confini. Firmarono il Trattato, per conto della Santa Sede il Cardinale Tommaso Bernetti, ed il Conte Giuseppe Costantino Ludolf insieme al Marchese Francesco Saverio del Carretto in rappresentanza del Re Ferdinando II di Borbone. Lo scopo dell'accordo era tutelare l’integrità dello Stato Ecclesiastico, definendone chiaramente i confini onde evitare cessioni illegali, contrabbando, risolvendo controversie interne e con stati esteri limitrofi, cercando nel contempo di recuperare parte di territori precedentemente perduti in modo irregolare.


In tutto vennero realizzati 649 Cippi e posizionati in circa due anni. Nel comprensorio di Terracina, città di confine dello stato pontificio fino all'Unità d'Italia (1861), sono posizionati i primi Venti, originali e ben conservati.
Il “numero 1” si trova alla foce del canale Canneto, sul confine che ancora oggi separa Terracina (pontificia) dal comune di Fondi (borbonico). Attraversando tre regioni: il Lazio, l'Abruzzo e le Marche, la linea di confine arriva alla foce del fiume Tronto, dove troviamo il Cippo n.649.


Questa linea invisibile che attraversa lo stivale, dal Tirreno all’Adriatico, è uno scenario naturale fantastico che, nella seconda metà dell’800 vedeva eserciti contrapposti, raccontava storie di pastori, scorribande di briganti, cavalcate di uomini illustri e santi. Oggi è LA VIA DEI CIPPI, un cammino affascinante nelle tradizioni, nell'eno-gastronomia, nel folklore e nella natura incontaminata di alcuni dei territori più belli del centro Italia.
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Muro a secco (detto in maniera popolare "macere") e carbonaie
L'Unesco ha dichiarato l'arte di “costruire a secco” patrimonio immateriale dell'umanità.
Queste semplici costruzioni rurali presenti nelle aree collinari e montane, rappresentano un essenziale strumento per la difesa del suolo e per l'assetto idrogeologico, perché permettono mediante la realizzazione di terrazzamenti la regimentazione delle acque e lo svolgimento delle pratiche agricole che hanno permesso per secoli il sostentamento di intere comunità rurali e che ancora oggi rivestono un'importanza strategica per la sicurezza del territorio e per le pratiche agricole, in particolare per la coltivazione dell'ulivo. In passato erano utilizzati per creare le carbonaie.


Quella della carbonaia era una tecnica molto usata in passato in gran parte del territorio alpino, subalpino e appenninico, per trasformare la legna, preferibilmente di faggio, ma anche di abete, larice, frassino, castagno, cerro, pino e pino mugo, in carbone vegetale.
Tra i lavori della montagna che testimoniano una secolare esistenza di duro lavoro c'era quello dei carbonai. Per numerosi secoli fino ai primi del '900, i boschi italiani furono luogo di lavoro per molti di questi "artisti del fuoco". Il carbone prodotto veniva trasportato verso le città per gli usi più disparati
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LA SCHEDA
Muro a secco
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Santo Stefano
La Fonte


La località, in cui si trova la fonte che le da il nome, è 526 metri sul livello del mare. È posta a 5 km in linea d’aria, a Nord-Est della città di Terracina. Oggi è raggiungibile in auto, o in pullman di piccole dimensioni, con una comoda strada asfaltata che si imbocca in fondo a “La Valle”.


L’acqua, ricca di calcio, è freschissima in ogni stagione ed invita greggi e turisti ad una sosta ristoratrice. L’acqua scaturisce da cunicoli scavati nella roccia dal paziente lavoro di generazioni di pastori. In questo modo è stato catturato lo stillicidio e la condensa sotterranea per arricchire la portata della vena primitiva che sgorgava in superficie.
Una numerosa comunità agro-silvo-pastorale, proveniente soprattutto da Vallecorsa, cominciò a stabilirsi, ad iniziare dal 1800 nel vasto pianoro. Nel dopoguerra le famiglie qui residenti, poco a poco, attratti dalla città, scesero a valle e restituirono alla natura gran parte dei terreni occupati. Ancora oggi, specialmente in inverno, è possibile incontrare mandrie, greggi transumanti e cavalli allo stato brado di qualche allevatore abruzzese.


Proseguendo per circa un km in direzione Est, dopo la fonte, si giunge al crinale che si affaccia sul lago di Fondi. Da qui si arriva a scorgere, al di la della duna costiera, anche il mare. La strada asfaltata continua per poco, dopo la curva a sinistra, fino a raggiungere l’antenna del ripetitore. Conviene, fermarsi prima ed arrivare a scoprire il panorama che si apre sull’antico Regno di Napoli.
Proprio sul crinale, sulla destra del sentiero, si incontra uno dei cippi confinari, datato 1846: al di sopra della data erano scolpite le chiavi incrociate, simbolo dello Stato Pontificio. Questa è la prima di una serie di colonnine poste in montagna in punti strategici a segnare la frontiera tra il regno borbonico e lo stato del Papa, di cui Terracina fece parte fino all’unità d’Italia.


Parallelamente al fontanile una vasta depressione allungata è il risultato della fusione di due grosse doline (uvala). Il pianoro che si stende al di là, sul lato Sud della depressione, immette in una comoda mulattiera verso Terracina
Questa mulattiera arrivava fino a Terracina, ora si segue agevolmente fino a località “Mammolini”. Era questo l’antico itinerario percorso da carbonai e legnaioli che rifornivano la città. Ancora oggi si riconoscono gli spiazzi adibiti ad antiche carbonaie.
È possibile raggiungere la Fonte di Santo Stefano utilizzando gli antichi sentieri.
Quello più comodo si imbocca dopo aver raggiunto “La Ciana”, da cui, prima di raggiungere il crinale, si gode di un ampio panorama.
Per raggiungere questa località si segue la strada che sulla destra costeggia il muro del cimitero, prima dell’ultimo tratto in salita.


Il sentiero (marcato da un dischetto bianco ed arancione) si imbocca dopo aver raggiunto il tratto pianeggiante al di là del crinale. Il sentiero aggira sul versante orientale il Monte Giusto. Prima di addentrarsi nel bosco puntando a Nord, esso si apre alla vista sulla Piana di Fondi.
Un altro sentiero, marcato allo stesso modo, è concepito per un percorso circolare: si diparte dalla fine del pianoro descritto dalla foto n. 7, raggiunge le località di “Mammolini”, “Tignano” e quindi, “La Ciana”. Da qui si potrebbe anche proseguire a piedi in direzione di Terracina costeggiando il canalone che si trova tra Monte Sterpano e Monte Croce.
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LA SCHEDA
Antico Pagliaro



Fino al secolo scorso le nostre montagne erano disseminate di queste semplici costruzioni rurali, di cui ancora ammiriamo i resti. Posizionate nei pressi di pascoli, pianori ed altopiani erano punto di appoggio per pastori e greggi, simbolo indiscusso di pastorizia e transumanza.


L'insieme di più strutture è detto STAZZO, all'interno del quale possiamo trovare la capanna; il ricovero per le pecore, il pagliaro; recinto di protezione del gregge,poi ancora il fienile, il gallinaro, la porcareccia e il ricovero degli animali da soma e da lavoro.
La transumanza ha rappresentato per centinaia d'anni, fino al dopoguerra, un complesso e rodato meccanismo dall'enorme valenza sociale ed economica, in particolar modo nel Lazio questo può' essere suddiviso in tre ambiti:


● Il primo è quello della transumanza “lunga”, che lega gli altipiani abruzzesi e le catene montuose di confine alle pianure laziali: i pastori la percorrono due volte l’anno per salire in montagna d’estate e scendere al piano in inverno; è simile agli spostamenti stagionali sui grandi tratturi di Abruzzo, Molise e Puglia, ma se ne differenzia per la durata più breve (8-10 giorni di cammino) e per la direzione est-ovest.


● Il secondo volto è quello tipico della monticazione: è una transumanza “breve”, giornaliera, tipica della bella stagione, quando gli armenti lasciano gli stazzi dei paesi di fondovalle e salgono verso il fresco e i pascoli delle montagne di casa; talvolta le greggi trascorrono le notti negli stazzi d’altura custoditi dai cani, mentre i pastori-agricoltori fanno i pendolari tra il monte e il piano.


● Il terzo volto è quella della monticazione in senso inverso: nella stagione invernale i pascoli in quota (i monti dell’Anti-appennino laziale raggiungono altitudini modeste e sono raramente innevati) offrono nutrimento e pozze d’acqua agli animali; d’estate, invece, a causa della natura calcarea dei monti, della mancanza d’acqua e dell’essiccazione del pascolo, le greggi sono costrette a scendere verso i campi e i fontanili di pianura.


I pastori che scendono nelle pianure laziali sono lavoratori multitask:
Sono innanzitutto allevatori: costruiscono recinti, ripari e stazzi e portano al pascolo pecore, capre, vacche, cavalli e maiali; senza dimenticare i pollai e le gabbie per gli animali da cortile. Esercitano l’antico “jus pascendi et faciendi tugurium”.
Sono poi casari specializzati nella lavorazione del latte e nella produzione di formaggi freschi e stagionati. Ma sono anche agricoltori, che spietrano i piccoli campi, arano, concimano, piantano graminacee, seguono l’orto, curano la vite e l’olivo.
Sono poi artigiani, suddivisi per categorie di mestieri, spesso specializzati in base al paese di provenienza: v’è chi lavora la pietra, chi intaglia il legno, chi intreccia stramma e vimini, chi batte i metalli, chi fila lana, chi taglia e cuce abiti da lavoro, chi raccoglie erbe e produce farmaci della medicina popolare.


Gli insediamenti pastorali del Lazio sono molto diversi da quelli tipici della montagna abruzzese (le capanne a tholos interamente realizzate in pietra a secco) e dalle grandi masserie della Capitanata e della Murgia pugliese.
Il primo tipo è quello della capanna lepina e della mandra aurunca, costruita in quota e quindi esposta alle intemperie. Sui monti Lepini, sugli Ausoni e sugli Aurunci le capanne hanno la base in pietra e la copertura in paglia. Il muro perimetrale è costruito a secco, senza leganti, con grandi pietre non squadrate e con uno spessore notevole; l’apertura dell’ingresso è coperto da un’architrave di legno. La copertura ha la tipica struttura conica vegetale, armata da un’imponente intelaiatura di rami con uno spesso rivestimento di paglia di montagna.
I modelli di base possono poi “complicarsi” in relazioni alle funzioni dell’insediamento pastorale, piuttosto diffusa è la combinazione tra una capanna circolare e una seconda capanna ellittica o rettangolare: la prima è di solito la residenza temporanea del pastore-agricoltore; la seconda è il ricovero degli animali allevati. Possono poi aggiungersi altre casette destinate agli attrezzi agricoli, alla caseificazione o alla conservazione del fieno.


Scendendo in pianura, nelle zone paludose prima della bonifica, troviamo la seconda tipologia, la “Lestra”, qui la capanna perde la cinta muraria fatta in pietra a secco, la struttura è totalmente lignea, la pianta sia tonda che rettangolare, risulta più snella e somigliante ai Tucul africani, di fatto in pianura il clima è più mite ed umido, e anche le esigenze, le abitudini e la vita del pastore sono diverse e quindi adattate al territorio ed alle sue risorse
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LA SCHEDA
Antico Pagliaro
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Fino al secolo scorso le nostre montagne erano disseminate di queste semplici costruzioni rurali, di cui ancora ammiriamo i resti. Posizionate nei pressi di pascoli, pianori ed altopiani erano punto di appoggio per pastori e greggi, simbolo indiscusso di pastorizia e transumanza.


L'insieme di più strutture è detto STAZZO, all'interno del quale possiamo trovare la capanna; il ricovero per le pecore, il pagliaro; recinto di protezione del gregge,poi ancora il fienile, il gallinaro, la porcareccia e il ricovero degli animali da soma e da lavoro.
La transumanza ha rappresentato per centinaia d'anni, fino al dopoguerra, un complesso e rodato meccanismo dall'enorme valenza sociale ed economica, in particolar modo nel Lazio questo può' essere suddiviso in tre ambiti:


● Il primo è quello della transumanza “lunga”, che lega gli altipiani abruzzesi e le catene montuose di confine alle pianure laziali: i pastori la percorrono due volte l’anno per salire in montagna d’estate e scendere al piano in inverno; è simile agli spostamenti stagionali sui grandi tratturi di Abruzzo, Molise e Puglia, ma se ne differenzia per la durata più breve (8-10 giorni di cammino) e per la direzione est-ovest.


● Il secondo volto è quello tipico della monticazione: è una transumanza “breve”, giornaliera, tipica della bella stagione, quando gli armenti lasciano gli stazzi dei paesi di fondovalle e salgono verso il fresco e i pascoli delle montagne di casa; talvolta le greggi trascorrono le notti negli stazzi d’altura custoditi dai cani, mentre i pastori-agricoltori fanno i pendolari tra il monte e il piano.


● Il terzo volto è quella della monticazione in senso inverso: nella stagione invernale i pascoli in quota (i monti dell’Anti-appennino laziale raggiungono altitudini modeste e sono raramente innevati) offrono nutrimento e pozze d’acqua agli animali; d’estate, invece, a causa della natura calcarea dei monti, della mancanza d’acqua e dell’essiccazione del pascolo, le greggi sono costrette a scendere verso i campi e i fontanili di pianura.


I pastori che scendono nelle pianure laziali sono lavoratori multitask:
Sono innanzitutto allevatori: costruiscono recinti, ripari e stazzi e portano al pascolo pecore, capre, vacche, cavalli e maiali; senza dimenticare i pollai e le gabbie per gli animali da cortile. Esercitano l’antico “jus pascendi et faciendi tugurium”.
Sono poi casari specializzati nella lavorazione del latte e nella produzione di formaggi freschi e stagionati. Ma sono anche agricoltori, che spietrano i piccoli campi, arano, concimano, piantano graminacee, seguono l’orto, curano la vite e l’olivo.
Sono poi artigiani, suddivisi per categorie di mestieri, spesso specializzati in base al paese di provenienza: v’è chi lavora la pietra, chi intaglia il legno, chi intreccia stramma e vimini, chi batte i metalli, chi fila lana, chi taglia e cuce abiti da lavoro, chi raccoglie erbe e produce farmaci della medicina popolare.


Gli insediamenti pastorali del Lazio sono molto diversi da quelli tipici della montagna abruzzese (le capanne a tholos interamente realizzate in pietra a secco) e dalle grandi masserie della Capitanata e della Murgia pugliese.
Il primo tipo è quello della capanna lepina e della mandra aurunca, costruita in quota e quindi esposta alle intemperie. Sui monti Lepini, sugli Ausoni e sugli Aurunci le capanne hanno la base in pietra e la copertura in paglia. Il muro perimetrale è costruito a secco, senza leganti, con grandi pietre non squadrate e con uno spessore notevole; l’apertura dell’ingresso è coperto da un’architrave di legno. La copertura ha la tipica struttura conica vegetale, armata da un’imponente intelaiatura di rami con uno spesso rivestimento di paglia di montagna.
I modelli di base possono poi “complicarsi” in relazioni alle funzioni dell’insediamento pastorale, piuttosto diffusa è la combinazione tra una capanna circolare e una seconda capanna ellittica o rettangolare: la prima è di solito la residenza temporanea del pastore-agricoltore; la seconda è il ricovero degli animali allevati. Possono poi aggiungersi altre casette destinate agli attrezzi agricoli, alla caseificazione o alla conservazione del fieno.


Scendendo in pianura, nelle zone paludose prima della bonifica, troviamo la seconda tipologia, la “Lestra”, qui la capanna perde la cinta muraria fatta in pietra a secco, la struttura è totalmente lignea, la pianta sia tonda che rettangolare, risulta più snella e somigliante ai Tucul africani, di fatto in pianura il clima è più mite ed umido, e anche le esigenze, le abitudini e la vita del pastore sono diverse e quindi adattate al territorio ed alle sue risorse
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LA SCHEDA
Inghiottitoio



Situato a 520m slm, sul versante Nord di Monte Giusto, questo pozzo a cielo aperto, rappresenta un altro esempio del fenomeno carsico che contraddistingue questo territorio.


Denominata “CHIAVICA DEL RECINTO” in quanto una volta scoperto, visto la sua ampiezza, è stata subito recintata dai pastori che frequentavano la zona, per evitare che qualche capo di bestiame (pecora, capra o mucca) inavvertitamente ci finisse dentro.


Negli anni il bosco e la macchia mediterranea lo hanno di fatto inglobato: alberi e piante si sono insediate nei suoi anfratti, nelle spaccature, tra le rocce. Insetti, roditori e piccoli animali lo hanno scelto come dimora. Sia la flora che la fauna ne sfruttano la peculiarità, utilizzando parte delle acque che raccoglie per proseguire il loro ciclo vitale.


Il fenomeno del CARSISMO, è un processo chimico, si sviluppa a seguito della dissoluzione delle rocce calcaree, la corrosione avviene per opera delle acque meteoriche, che scorrendo sulla superficie ed attraversandola intaccano la roccia calcarea; il materiale non disciolto costituisce i cosiddetti depositi associati, che in centinaia di anni danno vita alle forme carsiche : Guglie, Pinnacoli, Vasche, Karren, Doline, Puli, Pozzi, Inghiottitoi, Antri, Grotte, con le tipiche formazioni che le rendono uniche: Stallatiti e Stallagmiti.
Esso si articola in due fasi:
-dissolutiva, consiste nello scorrimento superficiale di precipitazioni rese acide dall’anidride carbonica;
-costruttiva, avviene quando l’acqua sotterranea, arricchita di carbonato acido di calcio, sfocia nell’atmosfera di una grotta rilasciando il carbonato di calcio insolubile formando di conseguenza stalattiti o stalagmiti.


Il Pozzo che avete dinanzi si presenta a sezione quadrangolare, con pareti verticali, con dimensioni m.10x5 ed una profondità di m.22 e l'imbocco si presenta seguendo l'inclinazione del versante . Esplorato e censito nei primi anni cinquanta, dal lato valle con un salto di circa 10m si arriva su un ripido pendio detritico che scende verso il fondo della cavità, che è invece delimitata lato monte da una parete di oltre 30m. A circa metà del pozzo si apre lateralmente una piccola caverna che però non presenta prosecuzioni.
L'ultima esplorazione risale al 2014 a cura dello SPELEO CLUB ROMA, che spesso ritorna su queste montagne a scandagliare i boschi alla ricerca di anfratti e nuove cavità.
Nelle aree collinari del comune di Terracina, tra grotte, pozzi, chiaviche e inghiottitoi se ne contano più di una quarantina, a riconferma di come la mancanza di ruscelli e torrenti in superficie sia compensata da un immensa rete di canalizzazioni sotterranee.


Infine quando si parla di esplorazioni del sottosuolo, è doveroso ricordare il mitico “Gruppo Speleologico Anxur” che ha scritto pagine importanti nella storia di questa disciplina. Ancora oggi questo manipolo di ragazzi Terracinesi, ardimentosi ed appassionati, viene ricordato dai professionisti, per le imprese compiute con attrezzatura minimale ed auto-costruita.
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Situato a 520m slm, sul versante Nord di Monte Giusto, questo pozzo a cielo aperto, rappresenta un altro esempio del fenomeno carsico che contraddistingue questo territorio.


Denominata “CHIAVICA DEL RECINTO” in quanto una volta scoperto, visto la sua ampiezza, è stata subito recintata dai pastori che frequentavano la zona, per evitare che qualche capo di bestiame (pecora, capra o mucca) inavvertitamente ci finisse dentro.


Negli anni il bosco e la macchia mediterranea lo hanno di fatto inglobato: alberi e piante si sono insediate nei suoi anfratti, nelle spaccature, tra le rocce. Insetti, roditori e piccoli animali lo hanno scelto come dimora. Sia la flora che la fauna ne sfruttano la peculiarità, utilizzando parte delle acque che raccoglie per proseguire il loro ciclo vitale.


Il fenomeno del CARSISMO, è un processo chimico, si sviluppa a seguito della dissoluzione delle rocce calcaree, la corrosione avviene per opera delle acque meteoriche, che scorrendo sulla superficie ed attraversandola intaccano la roccia calcarea; il materiale non disciolto costituisce i cosiddetti depositi associati, che in centinaia di anni danno vita alle forme carsiche : Guglie, Pinnacoli, Vasche, Karren, Doline, Puli, Pozzi, Inghiottitoi, Antri, Grotte, con le tipiche formazioni che le rendono uniche: Stallatiti e Stallagmiti.
Esso si articola in due fasi:
-dissolutiva, consiste nello scorrimento superficiale di precipitazioni rese acide dall’anidride carbonica;
-costruttiva, avviene quando l’acqua sotterranea, arricchita di carbonato acido di calcio, sfocia nell’atmosfera di una grotta rilasciando il carbonato di calcio insolubile formando di conseguenza stalattiti o stalagmiti.


Il Pozzo che avete dinanzi si presenta a sezione quadrangolare, con pareti verticali, con dimensioni m.10x5 ed una profondità di m.22 e l'imbocco si presenta seguendo l'inclinazione del versante . Esplorato e censito nei primi anni cinquanta, dal lato valle con un salto di circa 10m si arriva su un ripido pendio detritico che scende verso il fondo della cavità, che è invece delimitata lato monte da una parete di oltre 30m. A circa metà del pozzo si apre lateralmente una piccola caverna che però non presenta prosecuzioni.
L'ultima esplorazione risale al 2014 a cura dello SPELEO CLUB ROMA, che spesso ritorna su queste montagne a scandagliare i boschi alla ricerca di anfratti e nuove cavità.
Nelle aree collinari del comune di Terracina, tra grotte, pozzi, chiaviche e inghiottitoi se ne contano più di una quarantina, a riconferma di come la mancanza di ruscelli e torrenti in superficie sia compensata da un immensa rete di canalizzazioni sotterranee.


Infine quando si parla di esplorazioni del sottosuolo, è doveroso ricordare il mitico “Gruppo Speleologico Anxur” che ha scritto pagine importanti nella storia di questa disciplina. Ancora oggi questo manipolo di ragazzi Terracinesi, ardimentosi ed appassionati, viene ricordato dai professionisti, per le imprese compiute con attrezzatura minimale ed auto-costruita.
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LA SCHEDA
Inghiottitoio
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INFORMAZIONI
Chi siamo
CONTATTI:
E-mail: lecollinedisantostefano@gmail.com
Web: www.collinedisantostefano.it
Telefono: 334 6493595
Indirizzo: Strada vicinale dei Colli 5,
loc. Santo Stefano - 04019 Terracina (LT)


Le Colline di Santo Stefano è un’Associazione di promozione sociale iscritta all’albo della regione Lazio, nata nel 2018 con i seguenti scopi:


Approfondire problemi e criticità di interesse comune a tutta la collettività delle colline di Terracina;


Favorire tutte le iniziative di incontro e scambio di informazione sulla vita dei territori, sulle iniziative da intraprendere e sulle attività realizzate;


Elaborare possibili soluzioni da sottoporre agli Enti Pubblici competenti, in primo luogo all’Amministrazione Comunale;
promuovere il collegamento con associazioni e/o comitati per il perseguimento di interessi comuni;


Promuovere la crescita del territorio collinare di Terracina in uno sviluppo armonico, sociale, culturale e morale;
Promuovere la tutela e la valorizzazione del territorio collinare in tutti i suoi aspetti (ecologico, paesaggistico, archeologico, artistico, architettonico, storico, sociale) e in tutte le sue potenzialità (economiche, turistiche, sportive, di fruizione del tempo libero), contro qualsiasi forma di degrado;


Promuovere la fruizione appropriata dei parchi, delle riserve naturali, dei siti di importanza Comunitaria, delle zone di protezione speciale, dei corridoi ecologici nella direzione del turismo sostenibile;


Promuovere il territorio delle collinare e contribuire allo sviluppo sostenibile dell’economia locale attraverso la conoscenza del patrimonio naturalistico e culturale, la diffusione di forme di turismo responsabile, la salvaguardia delle culture locali e la valorizzazione delle tradizioni popolari
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CONTATTI:
E-mail: lecollinedisantostefano@gmail.com
Web: www.collinedisantostefano.it
Telefono: 334 6493595
Indirizzo: Strada vicinale dei Colli 5,
località Santo Stefano - 04019 Terracina (LT)


Le Colline di Santo Stefano è un’Associazione di promozione sociale iscritta all’albo della regione Lazio, nata nel 2018 con i seguenti scopi:


Approfondire problemi e criticità di interesse comune a tutta la collettività delle colline di Terracina;


Favorire tutte le iniziative di incontro e scambio di informazione sulla vita dei territori, sulle iniziative da intraprendere e sulle attività realizzate;


Elaborare possibili soluzioni da sottoporre agli Enti Pubblici competenti, in primo luogo all’Amministrazione Comunale;
promuovere il collegamento con associazioni e/o comitati per il perseguimento di interessi comuni;


Promuovere la crescita del territorio collinare di Terracina in uno sviluppo armonico, sociale, culturale e morale;
Promuovere la tutela e la valorizzazione del territorio collinare in tutti i suoi aspetti (ecologico, paesaggistico, archeologico, artistico, architettonico, storico, sociale) e in tutte le sue potenzialità (economiche, turistiche, sportive, di fruizione del tempo libero), contro qualsiasi forma di degrado;


Promuovere la fruizione appropriata dei parchi, delle riserve naturali, dei siti di importanza Comunitaria, delle zone di protezione speciale, dei corridoi ecologici nella direzione del turismo sostenibile;


Promuovere il territorio delle collinare e contribuire allo sviluppo sostenibile dell’economia locale attraverso la conoscenza del patrimonio naturalistico e culturale, la diffusione di forme di turismo responsabile, la salvaguardia delle culture locali e la valorizzazione delle tradizioni popolari
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INFORMAZIONI
Chi siamo
### Etichetta Label_0A5C65D9_16A5_98B3_41B4_573FE3033A1F.text = I Sentieri di Santo Stefano Label_0A5C65D9_16A5_98B3_41B4_573FE3033A1F_mobile.text = I Sentieri di Santo Stefano Label_0B130419_16A3_7FB3_41A4_E5F9FA0AC39B.text = ANELLO DEI GIGANTI Label_0B130419_16A3_7FB3_41A4_E5F9FA0AC39B_mobile.text = ANELLO DEI GIGANTI ## Media ### Titolo album_01E5B695_1429_0675_417B_16CA363999A0.label = La Fonte album_37C8599F_2751_C5FF_41B6_D9E4C5CA2638.label = I Giganti album_3DF25FC3_27D3_5D47_41C3_C57097B5C4A9.label = Il Cippo album_3E8A06F5_27AF_4F43_41B2_E9ABB4FCAD54.label = Antico Pagliaro album_5717920D_4F0A_390A_41C5_30F804BC4E52.label = Muro a secco album_57E033B9_4C97_0E45_41CD_BD7C89876E8F.label = Inghiottitoio album_5FA2189F_4FE2_167D_41CB_44FD64868C15.label = Lago di Fondi album_BD34F9CE_95A8_799F_41D4_C158B9F7B9A6.label = Contatti album_BD34F9CE_95A8_799F_41D4_C158B9F7B9A6_0.label = DSCN5057 map_86BB7ED8_A234_B1E8_41E2_87C5532E3EC2.label = PARTENZA 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HotspotMapOverlayArea_B272E05F_A7D9_8E0C_41D2_B1F0910D07DE.toolTip = PARTENZA HotspotMapOverlayArea_B273B05F_A7D9_8E0C_41DE_EEFDE4F67FEA.toolTip = INGRESSO HotspotMapOverlayArea_B2746062_A7D9_8E34_41E0_EACE6126BD52.toolTip = SECONDA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B2756063_A7D9_8E34_41B9_8D50CB655A2B.toolTip = PIC-NIC HotspotMapOverlayArea_B2767061_A7D9_8E34_41D0_7F3E0EFEBEB1.toolTip = I GIGANTI HotspotMapOverlayArea_B2771062_A7D9_8E34_41E0_D8B502B2998C.toolTip = INGHIOTTITOIO HotspotMapOverlayArea_B278F064_A7D9_8E3C_41D8_B3BE305C85A9.toolTip = MURO A SECCO HotspotMapOverlayArea_B2791066_A7D9_8E3C_41C9_EAF633CD4164.toolTip = QUASI ARRIVATI HotspotMapOverlayArea_B279F065_A7D9_8E3C_41DE_439233A58D4B.toolTip = DEVIAZIONE CIPPO HotspotMapOverlayArea_B27BC063_A7D9_8E34_41E4_AE0EFFB3ABE8.toolTip = ANTICO PAGLIARO HotspotMapOverlayArea_B27E7067_A7D9_8E3C_41DF_B62F0F723E2A.toolTip = CIPPO HotspotMapOverlayArea_B27E8065_A7D9_8E3C_41DB_9EBC846BA945.toolTip = CIPPO 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HotspotMapOverlayArea_B2EE2CAF_A7DF_960C_41A0_BEFB42F0697E.toolTip = CIPPO HotspotMapOverlayArea_B2EEBCAE_A7DF_960C_41E4_2F418B885E16.toolTip = MURO A SECCO HotspotMapOverlayArea_B2EFECAD_A7DF_960C_41C3_371FE1CB1BA6.toolTip = ANTICO PAGLIARO HotspotMapOverlayArea_B3106555_A7D8_961C_41C7_64DB5E72D521.toolTip = I GIGANTI HotspotMapOverlayArea_B3117555_A7D8_961C_41E0_4DE9A696D57C.toolTip = INGHIOTTITOIO HotspotMapOverlayArea_B3125556_A7D8_961C_41B6_781FA1F6D46A.toolTip = SECONDA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B313B556_A7D8_961C_41E0_AEF130CCD7AB.toolTip = PIC-NIC HotspotMapOverlayArea_B314A557_A7D8_961C_41B3_5F87876A062F.toolTip = ANTICO PAGLIARO HotspotMapOverlayArea_B3159558_A7D8_9614_41DC_03D002E41CB5.toolTip = MURO A SECCO HotspotMapOverlayArea_B3161559_A7D8_9614_41E0_459D95D5BB70.toolTip = CIPPO HotspotMapOverlayArea_B3168558_A7D8_9614_41A2_4054690F1A26.toolTip = DEVIAZIONE CIPPO HotspotMapOverlayArea_B317A55A_A7D8_9614_41DC_61FC4840F2FE.toolTip = QUASI ARRIVATI HotspotMapOverlayArea_B318855A_A7D8_9614_41E1_12AAC4C2A748.toolTip = MURO A SECCO HotspotMapOverlayArea_B3E95551_A7D8_9614_41C4_065A85951FF7.toolTip = LA FONTE HotspotMapOverlayArea_B3EBD552_A7D8_9614_416E_97466186710A.toolTip = PARTENZA HotspotMapOverlayArea_B3ED3553_A7D8_9614_41E2_4FB9A57BA90C.toolTip = INGRESSO HotspotMapOverlayArea_B3EE1554_A7D8_961C_4195_2CAF142FA92A.toolTip = PRIMA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B3EF4554_A7D8_961C_41C7_0069F05B4546.toolTip = HUM HotspotMapOverlayArea_B430C7EB_A7C9_B234_41A9_D5BAB8E66BEB.toolTip = LA FONTE HotspotMapOverlayArea_B43247EC_A7C9_B20C_41C9_9BB7F66220E8.toolTip = PARTENZA HotspotMapOverlayArea_B43307ED_A7C9_B20C_41D9_4E8A8B8B4EED.toolTip = INGRESSO HotspotMapOverlayArea_B43427ED_A7C9_B20C_41E0_6C9509FEBD63.toolTip = PRIMA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B436F7EE_A7C9_B20C_41C4_343C4BABD6A3.toolTip = HUM HotspotMapOverlayArea_B437B7EE_A7C9_B20C_41B2_9DBD3609663B.toolTip = I GIGANTI HotspotMapOverlayArea_B44057FA_A7C9_B214_41E4_D229B06C3A2D.toolTip = INGHIOTTITOIO HotspotMapOverlayArea_B44847EF_A7C9_B20C_41C1_B2FE7BDE32AD.toolTip = INGHIOTTITOIO HotspotMapOverlayArea_B44977F0_A7C9_B214_41CE_823F408E671B.toolTip = SECONDA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B44BC7F0_A7C9_B214_41E2_89A917A0079A.toolTip = PIC-NIC HotspotMapOverlayArea_B44C87F1_A7C9_B214_41D8_D0D88C96A697.toolTip = ANTICO PAGLIARO HotspotMapOverlayArea_B44D97F7_A7C9_B21C_41CB_CC78E227086C.toolTip = MURO A SECCO HotspotMapOverlayArea_B44E87F8_A7C9_B214_41BC_14CE2C465CE1.toolTip = DEVIAZIONE CIPPO HotspotMapOverlayArea_B44F07F8_A7C9_B214_41E2_AEA2A53C91FF.toolTip = CIPPO HotspotMapOverlayArea_B44FB7F9_A7C9_B214_41BC_85A790AF213D.toolTip = QUASI ARRIVATI HotspotMapOverlayArea_B4910D50_A7C8_9614_41C4_AD5AA60B95E6.toolTip = MURO A SECCO HotspotMapOverlayArea_B4917D56_A7C8_961C_41E4_016DFEF6A840.toolTip = DEVIAZIONE CIPPO HotspotMapOverlayArea_B491FD57_A7C8_961C_41D6_04424FBE4A49.toolTip = CIPPO HotspotMapOverlayArea_B4944D45_A7C8_967C_41C1_81EB68968489.toolTip = PARTENZA HotspotMapOverlayArea_B4949D45_A7C8_967C_41D9_48A83402EF05.toolTip = INGRESSO HotspotMapOverlayArea_B4959D44_A7C8_967C_41E1_390A700577B7.toolTip = LA FONTE HotspotMapOverlayArea_B4960D4E_A7C8_960C_41CE_013731C00256.toolTip = SECONDA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B496AD57_A7C8_961C_41D0_9BC4F28B93FC.toolTip = QUASI ARRIVATI HotspotMapOverlayArea_B496BD4F_A7C8_960C_41E2_09175928D976.toolTip = PIC-NIC HotspotMapOverlayArea_B496DD50_A7C8_9614_41DE_E8A2143834BE.toolTip = ANTICO PAGLIARO HotspotMapOverlayArea_B496ED58_A7C8_9614_41D6_49B154AB8EC2.toolTip = ANTICO PAGLIARO HotspotMapOverlayArea_B4972D4C_A7C8_960C_41DD_7C2193DA71F1.toolTip = HUM HotspotMapOverlayArea_B4973D46_A7C8_967C_41DC_64BFCAEA5BC9.toolTip = PRIMA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B497AD4D_A7C8_960C_41B7_2CD0469DFBB8.toolTip = I GIGANTI HotspotMapOverlayArea_B497FD4E_A7C8_960C_41D9_871BBA0F72D7.toolTip = INGHIOTTITOIO HotspotMapOverlayArea_B4E0A69E_A7C9_720C_4180_0FCAD605CD53.toolTip = HUM HotspotMapOverlayArea_B4E1B69E_A7C9_720C_41E2_7656EC95BAB1.toolTip = I GIGANTI HotspotMapOverlayArea_B4E21698_A7C9_7214_41CF_B762D3FFC15D.toolTip = PRIMA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B4E42697_A7C9_721C_41AF_99DF517EAD76.toolTip = PARTENZA HotspotMapOverlayArea_B4E55697_A7C9_721C_41C4_04BFF20AEAB0.toolTip = INGRESSO HotspotMapOverlayArea_B4E68696_A7C9_721C_41BF_3218BBAA99D2.toolTip = LA FONTE HotspotMapOverlayArea_B4F876A8_A7C9_7234_41D6_4F3D453A19C1.toolTip = QUASI ARRIVATI HotspotMapOverlayArea_B4F956A9_A7C9_7234_41D3_CF2EFFBC5FB3.toolTip = DEVIAZIONE CIPPO HotspotMapOverlayArea_B4FA36A6_A7C9_723C_41D7_31D5F8ACA5E3.toolTip = MURO A SECCO HotspotMapOverlayArea_B4FB36A7_A7C9_723C_41D0_E9390B56D34C.toolTip = DEVIAZIONE CIPPO HotspotMapOverlayArea_B4FBB6A8_A7C9_7234_41B5_CEB31BFBF8F4.toolTip = CIPPO HotspotMapOverlayArea_B4FC56A0_A7C9_7234_41C6_C8A79672D6C8.toolTip = PIC-NIC HotspotMapOverlayArea_B4FD56A1_A7C9_7234_41E1_591B8296FDD5.toolTip = ANTICO PAGLIARO HotspotMapOverlayArea_B4FE969F_A7C9_720C_41B3_6D68AEC1B46E.toolTip = INGHIOTTITOIO HotspotMapOverlayArea_B4FF669F_A7C9_720C_41B4_3A2306A4A16E.toolTip = SECONDA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B5D40104_A7C8_8FFC_41D9_8336B31B0A7F.toolTip = SECONDA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B5D410FE_A7C8_8E0C_41E2_C1671D49BE6B.toolTip = I GIGANTI HotspotMapOverlayArea_B5D42103_A7C8_8FF4_41CE_EF6DF3ECBEE2.toolTip = QUASI ARRIVATI HotspotMapOverlayArea_B5D460FD_A7C8_8E0C_41C1_EF6BB5877272.toolTip = HUM HotspotMapOverlayArea_B5D460FD_A7C8_8E0C_41E3_244D5028517B.toolTip = PRIMA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B5D4A100_A7C8_8FF4_41E1_F38C8D8D3ED7.toolTip = PIC-NIC HotspotMapOverlayArea_B5D4D0FF_A7C8_8E0C_41C6_4F54A5766550.toolTip = INGHIOTTITOIO HotspotMapOverlayArea_B5D4D0FF_A7C8_8E0C_41D9_8DB5D182066B.toolTip = SECONDA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B5D55100_A7C8_8FF4_41B0_E933F19D85C8.toolTip = ANTICO PAGLIARO HotspotMapOverlayArea_B5D55101_A7C8_8FF4_41DF_F65BF26A81BA.toolTip = MURO A SECCO HotspotMapOverlayArea_B5D59103_A7C8_8FF4_41E0_E0F03D7E810C.toolTip = CIPPO HotspotMapOverlayArea_B5D5F102_A7C8_8FF4_41E3_3A3A24D63517.toolTip = DEVIAZIONE CIPPO HotspotMapOverlayArea_B5D630FB_A7C8_8E14_41D1_8FFAE6C55175.toolTip = LA FONTE HotspotMapOverlayArea_B5D7A0FC_A7C8_8E0C_4197_63F28207D820.toolTip = INGRESSO HotspotMapOverlayArea_B5D7E0FC_A7C8_8E0C_41D1_943B14152C7D.toolTip = PARTENZA HotspotMapOverlayArea_B5F3CC45_A7CF_B67C_41DD_1060FC776B8F.toolTip = DEVIAZIONE CIPPO HotspotMapOverlayArea_B5FC2C45_A7CF_B67C_41E0_F1797CC8432F.toolTip = MURO A SECCO HotspotMapOverlayArea_B5FC4C43_A7CF_B674_41C7_A40CCB39ECD5.toolTip = PIC-NIC HotspotMapOverlayArea_B5FC6C44_A7CF_B67C_41D9_D12626015BA4.toolTip = ANTICO PAGLIARO HotspotMapOverlayArea_B5FCAC43_A7CF_B674_41C1_9EC5A60DEC3A.toolTip = SECONDA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B5FCCC48_A7CF_B674_41C9_36811DE0582D.toolTip = AREA PIC-NIC HotspotMapOverlayArea_B5FCFC42_A7CF_B674_41D4_80421DEDB48E.toolTip = INGHIOTTITOIO HotspotMapOverlayArea_B5FD2C47_A7CF_B67C_41C6_AF3833569E2F.toolTip = QUASI ARRIVATI HotspotMapOverlayArea_B5FD3C41_A7CF_B674_41E3_926933A47BCA.toolTip = HUM HotspotMapOverlayArea_B5FD3C42_A7CF_B674_416F_63B3B9B02A52.toolTip = I GIGANTI HotspotMapOverlayArea_B5FD7C41_A7CF_B674_41D5_0DFBB40611AF.toolTip = PRIMA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B5FD7C46_A7CF_B67C_41B0_C3334BA9892A.toolTip = CIPPO HotspotMapOverlayArea_B5FD8C3F_A7CF_B60C_41CB_EFE33BB6A4AA.toolTip = PARTENZA HotspotMapOverlayArea_B5FDBC40_A7CF_B674_41DA_A7E3DDEE4655.toolTip = INGRESSO HotspotMapOverlayArea_B5FF3C3E_A7CF_B60C_41C0_2D400E0B8AD1.toolTip = LA FONTE HotspotMapOverlayArea_B6B28658_A392_02E8_41DE_8ED36D74A25E.toolTip = PRIMA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B6B2865F_A392_02E8_41D0_94EC823EFA5E.toolTip = QUASI ARRIVATI HotspotMapOverlayArea_B6B2A659_A392_02E8_41E3_AB5DDB8AD723.toolTip = HUM HotspotMapOverlayArea_B6B2A660_A392_02D8_4188_1EF4E5B355AC.toolTip = INGRESSO SENTIERO HotspotMapOverlayArea_B6B2C65F_A392_02E8_41DF_E3ACC7066CBA.toolTip = CIPPO HotspotMapOverlayArea_B6B30657_A392_02F8_41DD_49EAD12FD7D5.toolTip = PARTENZA HotspotMapOverlayArea_B6B3165E_A392_02E8_41C6_69A4023E6BD9.toolTip = DEVIAZIONE CIPPO HotspotMapOverlayArea_B6B33658_A392_02E8_41D0_34FEC5C1988A.toolTip = INGRESSO HotspotMapOverlayArea_B6B3765D_A392_02E8_41DB_F70B8A6FACA5.toolTip = MURO A SECCO HotspotMapOverlayArea_B6B3865B_A392_02E8_41D6_F5C2F54C17C2.toolTip = SECONDA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B6B3865C_A392_02E8_41E1_0DA710C59E24.toolTip = PIC-NIC HotspotMapOverlayArea_B6B3B65D_A392_02E8_41E1_0DAD101073B3.toolTip = ANTICO PAGLIARO HotspotMapOverlayArea_B6B3C65B_A392_02E8_41CC_CF82B67D8051.toolTip = INGHIOTTITOIO HotspotMapOverlayArea_B74C165A_A392_02E8_41DF_5DAB3F1F5273.toolTip = I GIGANTI HotspotMapOverlayArea_B74D5654_A392_02F8_41D5_83D102AA0400.toolTip = LA FONTE HotspotMapOverlayArea_B7647623_A7BF_F234_41BC_457E07D17252.toolTip = SECONDA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B764B622_A7BF_F234_41E4_E9ABDF3B566D.toolTip = I GIGANTI HotspotMapOverlayArea_B764E623_A7BF_F234_41E1_DAB36085E776.toolTip = INGHIOTTITOIO HotspotMapOverlayArea_B7656621_A7BF_F234_41E0_04084A4A9A70.toolTip = HUM HotspotMapOverlayArea_B765A620_A7BF_F234_41C3_41CCCE5611DF.toolTip = INGRESSO HotspotMapOverlayArea_B765C621_A7BF_F234_41DE_2F39EB112AEC.toolTip = PRIMA FERMATA HotspotMapOverlayArea_B7664620_A7BF_F234_41DD_DDCF16D7292A.toolTip = PARTENZA HotspotMapOverlayArea_B766B61F_A7BF_F20C_41D4_68991FE92C89.toolTip = LA FONTE HotspotMapOverlayArea_B769F628_A7BF_F234_41AF_D11B66B08645.toolTip = I GIGANTI HotspotMapOverlayArea_B76A2626_A7BF_F23C_41BA_C5EB9527816A.toolTip = DEVIAZIONE CIPPO HotspotMapOverlayArea_B76AB625_A7BF_F23C_41DF_AE4934CC7B46.toolTip = MURO A SECCO HotspotMapOverlayArea_B76AC627_A7BF_F23C_41DC_0FCDD8056551.toolTip = QUASI ARRIVATI HotspotMapOverlayArea_B76B1627_A7BF_F23C_41E1_5CBD9DBAE261.toolTip = CIPPO HotspotMapOverlayArea_B76BA624_A7BF_F23C_41E2_05B36E2F62A0.toolTip = PIC-NIC HotspotMapOverlayArea_B76BD624_A7BF_F23C_41B5_F0BB50935CA9.toolTip = ANTICO PAGLIARO HotspotMapOverlayArea_BA6D7FB5_A5D6_091C_41A4_1FD068EB5274.toolTip = LA FONTE HotspotMapOverlayArea_BA701FB6_A5D6_091C_41C1_CB5088C9A335.toolTip = PARTENZA HotspotMapOverlayArea_BA710FB7_A5D6_091C_41D2_D6B4F56790DF.toolTip = INGRESSO HotspotMapOverlayArea_BA742FB8_A5D6_0914_41E0_38BC443FB309.toolTip = I GIGANTI HotspotMapOverlayArea_BA756FB9_A5D6_0914_41E3_48E40D320FB5.toolTip = INGHIOTTITOIO HotspotMapOverlayArea_BA75BFBA_A5D6_0914_41D7_C0B8BC2B908E.toolTip = PIC-NIC HotspotMapOverlayArea_BA764FB7_A5D6_091C_41C5_0A0F49748B5F.toolTip = PRIMA FERMATA HotspotMapOverlayArea_BA773FB8_A5D6_0914_41DC_7B20DAB4D499.toolTip = HUM HotspotMapOverlayArea_BA781FBC_A5D6_090C_41D1_D2715D69E40E.toolTip = MURO A SECCO HotspotMapOverlayArea_BA790FBC_A5D6_090C_41C7_DC4AD8C859C5.toolTip = DEVIAZIONE CIPPO HotspotMapOverlayArea_BA7A5FBA_A5D6_0914_41C5_60FD7099A522.toolTip = SECONDA FERMATA HotspotMapOverlayArea_BA7ACFBB_A5D6_0914_41D8_3A2366580B6C.toolTip = ANTICO PAGLIARO HotspotMapOverlayArea_BA7C7FBE_A5D6_090C_41E2_AF7335F0BA7F.toolTip = PRIMA FERMATA HotspotMapOverlayArea_BA7E1FBD_A5D6_090C_41E3_6B38FC93F4AB.toolTip = CIPPO HotspotMapOverlayArea_BA7F5FBE_A5D6_090C_41E1_B3317D1AB6BF.toolTip = QUASI ARRIVATI HotspotMapOverlayArea_BFEF0A6A_A20D_70A9_41CB_2182E355D297.toolTip = PARTENZA ## Azione ### URL LinkBehaviour_00CC1F99_1203_8C1D_41A1_E38D5E94D0B2.source = http://www.loremipsum.com LinkBehaviour_00CC6F98_1203_8C1B_418E_6362422183D2.source = http://www.loremipsum.com LinkBehaviour_03C9F328_1B98_4031_4120_5D9C693B7360.source = https://www.virtualreality360.it LinkBehaviour_07939F4B_1203_8C7D_41AF_7FF864A92899.source = http://www.loremipsum.com 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